Premesso che capisco molto poco di sci/snowboard/et similia, che conosco poco la montagna e che i miei due timidi tentativi di sciare si sono conclusi, per usare un eufemismo, in un’inutile sfida tra il mio deretano e la forza di gravità. Lascio indovinare a voi chi ha vinto. :-/
Premesso ciò, oggi guardavo al telegiornale la notizia di due ragazzi uccisi da una slavina e, amareggiato dalla morte di due persone così giovani, mi è sfuggita una domanda che potrebbe sembrare una vacua speculazione: “
ma non ci si diverte sulle piste? Si deve cercare per forza il fuori-pista?”
Lo so… ipocrisia da bar… e me ne scuso... ma è per lo più scaturita dalla mia totale ignoranza sull’argomento. Al che la mia buddy nonché ottima sciatrice (ma non fa fuori-pista), mi ha risposto con una geniale provocazione: “
Sì, in pista ci si diverte, ma ti si potrebbe chiedere: tu non ti diverti a 20 metri?”
In effetti è stata una battuta che al momento mi ha lasciato spiazzato, ma di un’intelligenza e sottigliezza tale che mi ha dato il "la" per una importante riflessione.
Non so cosa possa provare uno sciatore talmente in gamba da voler andare fuori dalle piste battute, posso immaginare cosa provi un subacqueo che decida di spararsi a -60, ma almeno conosco con una certa precisione quello che provo io. Per un attimo mi sono impantanato in tutte quelle menate sulla ricerca del pericolo, sul desiderio dell’uomo di raggiungere e superare i limiti, sul sapore dell’adrenalina, insomma mi stavo trasformando nello spot di un integratore salino o di un orologio hi-tech con altimetro/profondimetro… Ma è bastato tirare il freno a mano e scuotere la testa per schiarirmi le idee.
1. Non cerco il pericolo. Non cerco il gusto dell’irraggiungibile. Non voglio arrivare dove nessun uomo è arrivato prima. Voglio solo migliorarmi e lo sto facendo con accanto una persona che mi ha preso per mano e mi sta accompagnando passo passo, facendo di tutto per farmi diventare, un giorno "
non un vecchio subacqueo, ma un subacqueo vecchio".
2. Ovviamente per migliorare è necessario praticare a livelli sempre più difficili, imparare tecniche che prima non si conoscevano, operare in ambienti meno confortevoli (non parlo solo della subacquea, vale per qualunque disciplina, pensateci). Ma c’è modo e modo… ripenso alle due pagine (due!!!) di pianificazione della mia prossima immersione e a quante volte visualizzo controlli, segnali, procedure standard e d’emergenza.
3. Fermi tutti… io mi diverto un sacco a 20 metri!!!!! Questa è la risposta che avrei dovuto sputare senza nemmeno pensarci. Adoro rilassarmi in acque calde e limpide, sapere che sia io che la mia buddy siamo rilassati e a poca distanza dalla superficie, essere circondato da migliaia di forme di vita. Certo, ci sono immersioni impegnative che faccio volentieri, ci sono luoghi che posso visitare solo ora che ho raggiunto un certo livello. Ma il fatto di poter pianificare dai -50 in giù e restarci per un sacco di tempo non sottrae nemmeno una goccia di fascino ad un Puertito nel quale ti piazzi sul fondo sabbioso a -6 e passi mezz’ora circondato da tartarughe marine. Sono due esperienze che metto esattamente sullo stesso piano.
Forse il nodo della questione sta proprio lì. Si può andare oltre per il gusto di andarci, perché fa fico, per la scarica di adrenalina, perché ad un certo punto quando si è bravi lo fanno tutti e quindi va fatto, oppure perché dopo un po’ ci si annoia.
Oppure si può andare oltre per sentirsi più completi e preparati, per acquisire maggiore sicurezza e per garantirla alle persone che a noi si affidano… ma in fondo, semplicemente, perché tutta questa consapevolezza renderà ancora più piacevole la mia prossima immersione a -20.
Vedete? Un vero buddy non è solo un compagno d’immersione… è un aiuto prezioso anche “a secco”.
Grazie!!!!! =-)
p.s. Ribadisco: nessuna speculazione o giudizio sulla tragedia di cui sopra. E’ stata solo lo spunto per una riflessione personale.