No, tranquilli, non c'è un errore di battitura nel titolo. E' già passata più di una settimana, una lunghissima settimana, piena di nuove opportunità, addirittura forse ospite di quel cambiamento che "prima o poi arriva" e che non devi farti scappare. E io non me lo sto facendo scappare.
Forse per questo mi sembra già passato un secolo. Ma la cortina fatta di colloqui, di corsi a Reggio Emilia, di nuovi colleghi e di nuove speranze, non offusca minimamente il ricordo della mia prima passeggiata attorno e dentro al relitto più grande del Mediterraneo... già, proprio lei, la più desiderata da tutti gli appassionati di navi sommerse, sua maestà Milford Haven... difficile descriverla, ma come sempre la subacquea per me è fatta di emozioni in primis, perciò con quelle voglio iniziare, per poi lasciare l'aneddotica nel finale. ;-)
L'emozione di studiare nel dettaglio i disegni del relitto, memorizzando il percorso da seguire. L'emozione di trovarsi per la prima volta a bordo di una barca piena di tech-divers, sulla quale il numero di bombole di fase supera di gran lunga quello degli occupanti. L'emozione dell'attesa in superficie, attaccati ad una cima per non farsi trascinare via dall'impietosa corrente. L'emozione della discesa lungo la cima, velocissimi, per non sprecare preziosissimo tempo di fondo, scoprendo che la visibilità ridottissima ti farà soffrire fino all'ultimo, ritardando insopportabilmente l'incontro con Lei.
Piombare all'improvviso sul tetto della timoniera e, dopo essersi raggruppati, scivolare fuori dal parapetto e cominciare a scendere a spirale attorno al castello di poppa, alto come un condominio di sette piani. L'emozione unica di muoversi in un relitto, non attorno ad esso, di non poter percepire a causa della fitta sospensione dove possa mai essere il confine ultimo di quella città di acciaio. Sentirsi intimoriti da fumaioli alti venti metri, che troneggiano sopra di te come torri di tempi remoti. Scorgere strutture immense piegate dalla furia del fuoco, afflosciate come un giocattolo di plastica bruciato con un fiammifero. Entrare dalle finestre ritrovandosi in sale immense, cercando di immaginare con fatica come e quanto potessero essere riempite un tempo.
Sentirsi minuscoli di fronte alla carcassa di quel dinosauro dormiente, lasciarsi permeare dalla pace che lo circonda, immaginare il suo ultimo sospiro, un enorme sbuffo che ha preceduto il silenzio. Pensare per un breve ma doveroso istante a coloro che hanno condiviso il suo ultimo viaggio, strappati alla vita dalla stessa ferita mortale che ha segnato il destino di quella che, oltre ad essere un magnifico tuffo, resta un'icona quanto mai attuale di quanto noi possiamo influenzare l'ambiente che ci circonda.
L'emozione, in deco, di aver realizzato un piccolo sogno, che coltivavo da diversi anni. Godersi la sensazione che, prima ancora di aver smaltito l'inerte, la voglia di tornarci è già alle stelle!
Ed ecco il nostro team, sbaciucchiato dal sole di una giornata praticamente estiva:
Nella foto manca solo Luca che è scappato poco prima dell'abbondantissimo pranzo a base di pesce e vino bianco, trascorso per lo più a sfottersi goliardicamente a vicenda per famigerate ex-allieve o per disavventure con guidatori di SUV poco educati. Una nota di merito spetta alla lista degli oggetti smarriti tra cui, solo nel nostro team, una maschera e un secondo stadio che ha ben pensato di svitarsi dalla frusta di sua iniziativa(!!!)
NOTA DEL GIORNO: Ci sono poche cose che possono convincere noi lacustri ad imbrattare di sale la nostra amata e complicata attrezzatura tecnica e l'Haven è una di queste. Resta il fatto che sciacquare tutta quella minutaglia è una rottura di palle infinita. L'acqua dolce ci vizia... ;-)
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